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COMUNICAZIONE DI IRREGOLARITA’: ATTO IMPUGNABILE

 

La comunicazione di irregolarità ex art. 36 ter del D.P.R. 600/1973.

Riferimenti:

– art. 36 ter del D.P.R. n°600/1973;

– Corte di Cassazione, sentenza n°1505/2017.

 

E’ un atto impugnabile innanzi alle Commissioni Tributarie la comunicazione d’irregolarità di cui all’art. 36 ter del D.P.R. n°600/1973 ?

 

La risposta è senza dubbio affermativa.

 

Difatti la Corte di Cassazione con la sentenza n°1505/2017 ha stabilito che in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., ogni atto adottato dall’ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa, sicché è immediatamente impugnabile anche l’avviso emesso a norma dell’art. 36 ter, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15957 del 28/07/2015).

 

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SOLO UN UFFICIO DI EQUITALIA TERRITORIALMENTE COMPETENTE PUO’ DISPORRE IL FERMO DEL VEICOLO.

 


Riferimenti:

– Corte di Cassazione, sentenza n°8049/2017;

– D.P.R. n. 602 del 1973 art. 12.

– D.P.R. n. 602 del 1973 art. 24.

 

Tra le diverse ipotesi d’illegittimità del preavviso di fermo amministrativo che ho trattato in alcuni articoli pubblicati sul mio sito nella categoria “Equitalia”, occorre annoverare anche quella concernente l’incompetenza dell’Ufficio territoriale di Equitalia ad emettere il provvedimento cautelare.

In sostanza, secondo la recentissima sentenza n°8049/2017 della Corte di Cassazione, l’Ufficio territoriale di Equitalia competente ad emettere un provvedimento di fermo amministrativo è solo ed esclusivamente quello in cui ha la residenza o il domicilio fiscale il contribuente (nel caso trattato dal giudice di legittimità il provvedimento di fermo del veicolo era stato emesso illegittimamente dal Concessionario di Avellino, anziché da quello di Caserta ove la contribuente aveva il proprio domicilio fiscale).

Il sotteso principio di diritto è chiaro e condivisibile: ogni atto impositivo deve essere emesso dall’organo territorialmente competente.

Ciò deve avvenire anche in forza del combinato disposto degli artt. 12 e 24 del D.P.R. n. 602 del 1973, poiché l’Ufficio accertatore “forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano”, consegnandoli al “concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce”.

Del resto il predetto principio vige anche per quanto concerne gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate. Difatti, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito, solo l’Ufficio territoriale ove il contribuente ha la propria residenza o domicilio fiscale può procedere alla notifica di un avviso di accertamento esecutivo. Difatti quest’ultimo è l’unico Ufficio a conoscenza della reale situazione economica, finanziaria e patrimoniale del contribuente ed è, quindi, nelle migliori condizioni per svolgere la raccolta d’informazioni in modo da giungere a un’imposizione maggiormente aderente all’effettiva capacità contributiva del soggetto (Cass. sent. n°2998/1987; Comm. Trib. Prov. di Milano, sentenza n°149/46/2009).

RETTIFICA DELLA RENDITA CATASTALE PROPOSTA TRAMITE PROCEDURA DOCFA

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Accade spesso che a seguito di una variazione dello stato dell’immobile, il proprietario, tramite un proprio tecnico di fiducia, proponga all’Agenzia delle Entrate – Ufficio del Territorio, con la c.d. procedura DOCFA, categoria, classe e rendita da attribuire al bene.

In caso di mancata rettifica della rendita catastale da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro 12 mesi dall’invio della DOCFA, la rendita iscritta in atti come proposta diviene definitiva (ciò però non esclude che nel corso degli anni l’Agenzia proceda a una rettifica). Se, viceversa, entro i 12 mesi l’Agenzia ritiene di non dover accogliere la classe, la categoria e la rendita proposta, notificherà al proprietario un provvedimento di rigetto/rettifica che corregge retroattivamente quanto oggetto di proposta.

Il provvedimento di rettifica/rigetto dev’essere adeguatamente motivato. A queste conclusioni è giunta, finalmente, la Corte di Cassazione con la sentenza n°3394/2014 che, dopo aver giustamente criticato alcuni aspetti del sistema catastale italiano, ha censurato la condotta dell’Ufficio sull’assunto che “non può limitarsi a comunicare il classamento che ritiene adeguato, ma deve anche fornire un qualche elemento che spieghi perché la proposta avanzata dal contribuente con la Dofca viene disattesa”.

In verità, per chi ancora non avesse avuto modo di trattare con attenzione le problematiche sottese alla c.d. procedura DOCFA, occorre precisare che la suindicata pronuncia, sebbene pienamente conforme ai principi di cui all’art. 3 della L. n°241/1990 e art. 7 dello Statuto del Contribuente in materia di motivazione degli atti della P.A., si pone in netto contrasto con il suo precedente orientamento.

Difatti, con ordinanza n°15495/2013, i giudici di legittimità ritenevano che “La questione della adeguata motivazione del provvedimento di classamento ed attribuzione della rendita è stata molteplici volte risolta da questa Corte nel senso che essa può ritenersi correttamente esplicitata anche mediante la mera indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio tecnico erariale e della classe conseguentemente attribuita all’immobile, trattandosi di dati idonei (specie allorquando il provvedimento costituisca l’atto terminale di una procedura di tipo fortemente partecipativo quale è la c.d. DOCFA, che implica l’indicazione degli elementi fattuali rilevanti da parte dello stesso contribuente, dati che nella specie di causa costituiscono la base oggettiva dello stesso provvedimento di classamento, che si è limitato a farne difforme valutazione rispetto alla proposta) a consentire al contribuente, mediante il raffronto con quelli indicati nella propria dichiarazione, di intendere il “petitum provvedimentale”, sì da essere in condizione di tutelarsi mediante ricorso alle commissioni tributarie”.

Orbene, a parere dello scrivente, la Cassazione con la sentenza n° 3394/2014, pronunciandosi sulla necessità di un’adeguata motivazione anche del provvedimento di rigetto/rettifica, ha senza dubbio ripristinato una situazione di legalità, posto che, com’è noto, la motivazione dell’avviso di accertamento ha una duplice finalità: rendere esplicito e manifesto l’iter logico giuridico seguito nella formulazione dell’atto e, al contempo, consentire al destinatario la cognizione e la contestazione degli eventuali errori di fatto e di diritto che lo inficiano.

Tuttavia, ci si chiede se non sia il caso di intervenire con altrettanta forza nel far rispettare in materia catastale anche il principio di collaborazione tra Fisco e contribuente, sancito all’art. 12 della L. n°212/2000. Principio, quest’ultimo, che verrebbe completamente vanificato se l’attività dell’Ufficio non consentisse al soggetto sottoposto ad accertamento di instaurare alcun contraddittorio, precedente alla fase di notifica dell’atto impositivo. Le attività di produzione documentale e di formulazione di osservazioni esperibili dal contribuente sono, infatti, in grado di incidere nel merito sul contenuto dell’eventuale provvedimento con importanti e non trascurabili effetti di deflazione del contenzioso.

Sul punto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è intervenuta in numerose occasioni, affermando il diritto del contribuente a contraddire in via preventiva rispetto all’emissione dell’atto impositivo. In sostanza i Giudici europei affermano il fondamentale principio secondo cui il diritto di difesa, in quanto principio generale del diritto comunitario, deve trovare applicazione ogni volta che l’Amministrazione si proponga di adottare un atto capace di produrre effetti rilevanti nella sfera giuridica del destinatario. In forza di tale principio “i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione. A tal fine essi devono beneficiare di un termine sufficiente” (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Causa C- n°349/2007).

Si ricorda che il nuovo classamento e rendita, se non opposti entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento, rilevano:
– ai fini dell’imposta delle SUCCESSIONI e DONAZIONI;
– ai fini IRPEF;
– ai fini IMU;
– ai fini TARES.

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FIRMA DEGLI ATTI TRIBUTARI: IPOTESI DI ILLEGITTIMITA’

 

Riferimenti:

– art. 42 del D.P.R. n°600/1973;

– Commissione Tributaria Provinciale di Roma, sentenza n°6290/25/2016.

 

Si segnala un’importante sentenza favorevole al contribuente ottenuta recentemente dallo Studio Legale Tributario Sgrò, in collaborazione con l’avv. Paolo Pascazi, in materia di avviso di accertamento bancario sottoscritto da un funzionario dell’Agenzia delle Entrate in mancanza di delega da parte del Direttore Provinciale dell’Agenzia.

La questione trattata dallo Studio, traeva origine da un avviso di accertamento bancario notificato a un contribuente con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a titolo d’imposte dirette e indirette la complessiva somma di € 500.000,00.

Il contribuente, tramite l’avv. Alessandro Sgrò e l’avv. Paolo Pascazi, proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, contestando sotto diversi profili la legittimità dell’avviso di accertamento notificatogli ai fini IRPEF, IRAP e IVA per l’anno 2009.

Tra i motivi di contestazione il contribuente eccepiva l’illegittimità dell’avviso di accertamento per palese violazione dell’art. 42 del D.P.R. 600/1973 poiché l’atto risultava sottoscritto da un funzionario dell’Agenzia delle Entrate privo di delega da parte del Capo Ufficio.

Difatti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 42 del D.P.R. n°600/1973, gli accertamenti in rettifica e d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato alla carriera direttiva da lui delegato.

In sostanza, dal quadro normativo suindicato, si può affermare che l’avviso di accertamento, a pena di nullità, dev’essere sottoscritto dal Direttore Provinciale responsabile della Direzione Provinciale che ha emesso l’atto. Questi, tuttavia, ha facoltà di delegare la sottoscrizione ad altro impiegato alla carriera direttiva.

Ebbene, nel corso del giudizio, nonostante l’eccezione del contribuente, l’Amministrazione Finanziaria non ha prodotto alcuna prova circa l’esistenza di una valida delega del Direttore Provinciale alla sottoscrizione dell’avviso impugnato da parte del funzionario dell’Agenzia delle Entrate, pertanto la Commissione Tributaria Provinciale di Roma con la sentenza n° 6290/25/2016 ha dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento notificato al contribuente, con un risparmio da parte di quest’ultimo dell’importante cifra di € 500.000,00!

Sul punto, la Commissione Capitolina, dopo un attento esame della giurisprudenza di legittimità formatasi negli ultimi anni è giunta ad affermare che “Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe sull’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poiché solo il possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’Ufficio….omissis…Alla luce di quanto sopra riportato, questa Commissione non può non rilevare che, nonostante l’esplicita eccezione della parte, l’Amministrazione non ha provveduto a dimostrare l’esistenza di delega di firma”.

Avv. Alessandro Sgrò

 

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NOTIFICA DELLA CARTELLA ESATTORIALE AL PORTIERE

 

 

notificaPoste

 

Riferimenti:

art. 139 c.p.c.;

art. 26 del D.P.R. n. 602 del 1973;

Corte di Cassazione, sentenza n°17915/2008;

Corte di Cassazione, ordinanza n°16949/2014.

 

L’art. 139 c.p.c. disciplina l’ipotesi in cui il destinatario di un atto non viene trovato nel luogo ove deve eseguirsi la notifica. Precisamente detta norma prescrive che “Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace. In mancanza delle persone indicate nel comma precedente, la copia è consegnata al portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda e, quando anche il portiere manca, a un vicino di casa che accetti di riceverla. Il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata”

Ci si chiede, a questo punto, se in virtù della normativa in esame, possa considerarsi valida la consegna di un atto tributario al portiere senza l’invio della lettera raccomandata che informa il destinatario dell’avvenuta consegna dell’atto a mani del portiere.

Secondo un primo orientamento, del tutto condivisibile, la Corte di Cassazione con sentenza n° 17915/2008 ha affermato cheLa notificazione avvenuta a mani del portiere dello stabile ai sensi dell’art. 139 cod. proc. civ., comma 3 è altresì nulla quando sia mancato l’avviso al destinatario dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata (Cass. 24.7.92 n. 8920; Cass. 7.6.78 n. 2847)”. Precisando ulteriormente che “nella notificazione effettuata non a mani proprie del destinatario ex art. 139 cod. proc. civ. si deve distinguere, al fine di stabilire l’essenzialità dell’avviso d’avvenuta notifica al destinatario a mezzo di lettera raccomandata, l’ipotesi di cui al comma 2, per la quale tale formalità non è necessaria, da quella di cui al comma 3, per la quale è, invece, necessaria in quanto espressamente prescritta dal successivo quarto comma, in ragione del minore affidamento prestato dal legislatore alla consegna dell’atto notificando a mani del portiere o del vicino di casa in luoghi diversi dall’ambiente proprio della sfera di stretto dominio del destinatario, tanto da indurlo a disporre, oltre alla sottoscrizione dell’originale da parte dei consegnatari, anche la spedizione, appunto, della raccomandata al destinatario”.

Di diverso avviso però sembra essere il più recente orientamento della Corte di Cassazione che con l’ordinanza n°16949/2014, ha ritenuto che “in tema di notifica a mezzo posta della cartella esattoriale emessa per la riscossione di imposte o sanzioni amministrative, trova applicazione il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 per il quale la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, come risulta confermato per implicito dal citato art. 26, penultimo comma secondo il quale l’esattore è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 14327 del 19/06/2009, n. 14105 del 2000). Del resto poi con riferimento alla notificazione della cartella mediante consegna al portiere, l’invio della lettera raccomandata di cui al comma quarto dell’art. 139 c.p.c., non attiene alla perfezione dell’operazione di notificazione, sicché la sua omissione si risolve in una mera irregolarità di carattere estrinseco non integrante alcuna delle ipotesi di nullità previste dall’articolo 160 cod. proc. civ. (V. pure Cass. Sentenze n. 15315 del 05/07/2006, n. 16164 del 2003)”

Ebbene, inutile dire, che a mio sommesso avviso, l’omessa spedizione della raccomandata di cui al quarto comma dell’art. 139 c.p.c. non costituisce una mera irregolarità, come invece ritengono i giudici di legittimità, ma un vero e proprio vizio procedurale che sarebbe più corretto sanzionare con la nullità della notificazione dell’atto.

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ACCERTAMENTI BANCARI

Accertamenti bancari:  illegittimi in mancanza di un P.V.C.?

Riferimenti:

art.12, comma 7, della l. n°212/2000

Corte di Cassazione, sentenza n°2594/2014;

Corte di Cassazione, sentenza n° 406/2015,

Corte di Cassazione, ordinanza interlocutoria n°527/2015

E’ innegabile che i controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate sui conti bancari dei contribuenti nonché sui conti intestati a soggetti terzi che hanno significativi rapporti con gli stessi contribuenti, stanno assumendo sempre maggiore rilevanza, tanto da meritare una breve disamina delle possibili cause di illegittimità di eventuali avvisi di accertamento basati sulle movimentazioni bancarie.

Ovviamente, poiché la materia è molto vasta e non basterebbe un volume intero per racchiudere le molteplici problematiche sottese a tale tipo di accertamento, soffermeremo la nostra attenzione sulla più recente giurisprudenza formatasi sull’avviso di accertamento notificato al contribuente ma non preceduto dal c.d. PVC (Processo Verbale di Accertamento).

Sul punto l’art.12, comma 7, della l. n°212/2000 stabilisce che “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

La norma sul punto è chiara: terminate le operazioni istruttorie, l’Ufficio deve redigere un apposito verbale e consegnarlo in copia al contribuente. L’Ufficio, inoltre deve attendere  60 giorni prima di poter emettere un avviso di accertamento, poiché entro detto termine il contribuente ha diritto di formulare e presentare all’Amministrazione Finanziaria le proprie difese e/o osservazioni.

Ora, la questione fondamentale è se detta norma si applichi solo agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si eserciti attività aziendale o professionale del contribuente, oppure vale in via generale e, dunque, anche per gli accertamenti c.d. “a tavolino”, ovvero quelli effettuati dall’Agenzia fiscale sui conti bancari del contribuente.

Sul punto la sentenza n°2594/2014 della Corte di Cassazione, seppur laconicamente, ha censurato la sentenza di merito per non aver ritenuto che il termine dilatorio di 60 giorni di cui al settimo comma dell’art. 12 della l. n°212/2000 dovesse essere rispettato dall’Ufficio anche in esito a una verifica fondata su indagini bancarie. Ebbene, ne consegue che se gli Ermellini riconoscono fondamentale il termine dilatorio di 60 giorni  recta via riconoscono, a pena di illegittimità del successivo avviso di accertamento, anche un obbligo per l’Agenzia delle Entrate di emettere a conclusione della fase puramente istruttoria un Processo Verbale di Accertamento.

Interessante per i principi espressi è  la recentissima sentenza n° 406/2015 ove la Corte di Cassazione afferma che “avuto riguardo alla operata riconduzione ad unità sistematica, in materia tributaria, del principio del contraddittorio anticipato e delle conseguenze giuridiche invalidanti l’atto per la inosservanza del modello legale, risulta che tanto la disciplina procedimentale delle fattispecie abusive, in materia di imposte dirette, dettata dall’art. 37 bis, comma 4, quanto quella prevista dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, debbono essere unitariamente interpretate alla stregua degli specifici riferimenti tratti dalla giurisprudenza comunitaria secondo cui “il rispetto dei diritti di difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo” (cfr. Corte giustizia 18.12.2008, causa C-349/07, Sopropè; id. 22.10.2013, causa C-276/12, Sabou), con la conseguenza che “i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione” (cfr. Corte di giustizia 24.10.1996, causa C-32/95 P, Lisrestal; id. 21.9.2000, causa C-462/98 P, Mediocurso; id. 12.12.2002, causa C-395/00, Cipriani; id. Sopropè, dt.; id. Sabou, dt.)” . Pertanto i giudici di legittimità giungono ad affermare che “anche nel caso in cui l’Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, indipendentemente dalla riconducibilità o meno delle stesse alle ipotesi contemplate dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, comma 3, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente e ad osservare il termine dilatorio di gg. 60, prima di emettere l’atto accertativo che dovrà essere specificamente motivato anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite dal contribuente: risultando inficiato dal vizio di nullità l’atto impositivo emesso in difformità da detto modello procedimentale.”

Orbene, la questione sul punto è tutt’altro che pacifica, ricordiamo, infatti, che in altre occasioni la Corte di Cassazione si è espressa affermando che l’applicazione dell’art.12, comma 7, riguarda solo ed esclusivamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente (sentenze nn°15583/2014, 7598/2014, 13588/14). Proprio al fine di dirimere definitivamente detto contrasto la Corte di Cassazione con ordinanza interlocutoria n°527/2015 ha rimesso la questione alle Sezioni Unite precisando quanto segue: “ritiene il Collegio che l’opzione ermeneutica più lineare per garantire il contraddittorio processuale, nei termini delineati dalla sentenza n 1968/14, nei procedimenti di verifica c.d.” a tavolino” sia quella di applicare anche a tali verifiche il disposto dell’art.12, comma 7, l.212/00”.

Pertanto, in attesa che le Sezioni Unite si pronuncino definitivamente sul tema, ritengo che solo un processo verbale di constatazione comunicato al contribuente, anche in sede di verifica effettuata presso l’Ufficio finanziario, offre la possibilità al contribuente di comprendere le violazioni che gli saranno contestate e, conseguentemente, egli potrà formulare entro 60 giorni tutte le proprie osservazioni che dovranno essere valutate dall’Ufficio fiscale e oggetto di particolare e adeguata motivazione qualora quest’ultimo ritenesse comunque di procedere con la notifica di un avviso di accertamento.

 

ROTTAMAZIONE CARTELLE EQUITALIA

equitalia

ROTTAMAZIONE CARTELLE DI PAGAMENTO

QUESITI E RISPOSTE

Ritengo sia molto interessante e altrettanto utile per chi debba procedere alla rottamazione delle proprie cartelle di pagamento ovvero sia ancora indeciso sul da farsi, proporre alcune risposte fornite da Equitalia ai quesiti posti dall’Ordine dei Dottori Commercialisti di Roma in merito alle modalità applicative della rottamazione delle cartelle di pagamento.

 

Quesito n. 1 (Decadenza da rateizzazione in essere)

In merito all’oggetto si chiede se il contribuente decaduto da precedente rateizzazione per un numero di rate rimaste non pagate superiore a quelle ammesse per la procedura di riabilitazione, possa accedere alla futura rottamazione.

Risposta: Rientrano nell’ambito applicativo della definizione agevolata i carichi già interessati da provvedimenti di rateizzazione in essere alla data di entrata in vigore del D.L. 193/2016 a condizione che, entro il 31 marzo 2017, risulti saldato l’importo delle rate scadenti a tutto il 31 dicembre 2016. Pertanto, il contribuente decaduto prima di tale data (24/10/16) può aderire senza vincoli alla definizione agevolata.

Quesito n. 2 (Aspetto vincolante dell’istanza)

Dal testo normativo non appare chiaro se la presentazione dell’istanza – ancor prima del pagamento della prima rata – costituisce una manifestazione di volontà irritrattabile di aderire alla rottamazione. In pratica, ad esempio, se il contribuente presenta l’istanza e in un momento successivo decide di non aderire al pagamento proposto dall’esattore nelle 5 rate tra 2017 e 2018, ma di proseguire nel pagamento degli importi originari nei tempi più lunghi secondo il rateizzo a suo tempo concordato, può ancora farlo, oppure il solo fatto di aver presentato l’ istanza gli preclude di tornare indietro?

Risposta: Dopo la presentazione della dichiarazione di adesione, è possibile rinunciare alla definizione agevolata, producendo, inderogabilmente, entro il 31 marzo 2017, un’apposita dichiarazione; decorso tale termine il contribuente non può più rinunciare alla dichiarazione di adesione precedentemente presentata. A seguito del mancato pagamento della prima o dell’ unica rata della definizione sarà revocata la sospensione ed il contribuente potrà riprendere il pagamento delle rate della dilazione precedentemente concessa.

Quesito n. 3 (Rottamazione avvisi di accertamento)

In caso di accertamento con adesione: la prima rata dell’adesione scade il 14 dicembre , non viene pagata e l’ufficio emette avviso di accertamento entro il 31/12/2016. Tale avviso di accertamento è rottamabile se non viene “affidato ” a Equitalia entro il 31/12?

Risposta: Rientrano nell’ambito applicativo della definizione agevolata i carichi (ruoli, Avvisi di accertamento esecutivi emessi dall’Agenzia delle entrate/Dogane e Monopoli, Avvisi di addebito emessi dall’INPS) affidati nel periodo ricompreso tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2016. Per carichi iscritti a ruolo la data di consegna è determinata ai sensi dell’art. 4 del D.M. n. 321 del 1999 (Data di consegna dei ruoli – Per i ruoli trasmessi ad Equitalia fra il giorno 1 ed il giorno 15 del mese, la consegna al concessionario si intende effettuata il giorno 25 dello stesso mese; per i ruoli trasmessi ad Equitalia fra il giorno 16 e l’ultimo giorno del mese, la consegna al concessionario si intende effettuata il giorno 10 del mese successivo).

Quesito n. 4 (Rottamazione cartelle)

Gentilissimi Sig.ri, è previsto, per la presentazione del modello DA1, che il contribuente possa inviare tramite PEC, la richiesta di adesione agli uffici competenti di Equitalia. Nel modello DA1 è previsto che il contribuente possa essere domiciliato presso un indirizzo PEC, e gli sportelli di Equitalia di Via Petrella mi hanno consentito di indicare come indirizzo PEC il mio, nella qualità di professionista delegato. Non è ben chiaro, se una volta eletto domicilio PEC all’interno del modello DA1, che sia stata sottoscritta la delega al professionista nello stesso modello, se quest’ultimo possa essere presentato a mezzo PEC del professionista delegato, corredato da documento di riconoscimento del contribuente e del professionista stesso.

Risposta: Il modello prevede una sezione da compilare nell’ipotesi di presentazione della dichiarazione da parte di un soggetto diverso dal richiedente. La delega avrà ad oggetto anche la modifica della dichiarazione o il ritiro di eventuali comunicazioni al riguardo. Utilizzando lo strumento della delega è obbligatorio allegare alla dichiarazione copia del documento di identità del soggetto delegante e del soggetto delegato. La delega deve essere altresì compilata nel caso in cui la dichiarazione sia inviata a mezzo e-mail o PEC da soggetto diverso da quello del richiedente.

Quesito n. 5 (Procedure esecutive)

Equitalia, pur ricevendo richiesta di rottamazione, in caso di richieste da parti di enti pubblici prima del pagamento delle fatture procede con pignoramento immediato delle somme. Questa procedura rende impossibile al contribuente di aderire alla rottamazione. Questa procedure durante i termini previsti per la rottamazione crea confusione ed iniquità.

Risposta: Solo in seguito alla presentazione della dichiarazione di adesione, l’Agente della riscossione, per i carichi rientranti nell’ambito applicativo della definizione agevolata e compresi nella dichiarazione, non può avviare nuove azioni cautelari e/o esecutive e non può proseguire quelle già avviate a condizione che le medesime non siano già in una fase avanzata dell’iter procedurale. Pertanto, nel caso di specie, se siamo in presenza di verifica di inadempienza ai sensi dell’art. 48 bis del DPR 602/73 e conseguente pignoramento terzi delle somme di cui alla verifica, non si procede allo svincolo della fattura in quanto trattasi di fase avanzata del procedimento.

Quesito n. 6 (Rottamazione successiva alla rateazione)

Percepisco un ingiustificato trattamento tra contribuenti che hanno in corso una rateazione e che quindi stanno facendo sforzi immani per saldare i propri debiti iscritti a ruolo e contribuenti che ad oggi non hanno fatto nulla e hanno l’opportunità di sanare la propria situazione debitoria con tutte le riduzioni previste. Al contribuente che ha in corso una o più rateazioni si chiede di essere in regola (e continuare a pagare le rate) fino al 31/12/2016 nonostante possa già da ora formulare la richiesta di “rottamazione” e senza la possibilità di sospendere le rate. Dal momento in cui formulerà la richiesta di “rottamazione” ciò che ha pagato anche a titolo di sanzioni, interessi, aggio non gli viene riconosciuto, non beneficiando così, allo stesso modo del contribuente che non ha posto in essere alcuna regolarizzazione, dell’abbattimento al 100% delle sanzioni, interessi aggi iscritti a ruolo.

Risposta: Come già rappresentato nella risposta del quesito 33976, rientrano nell’ambito applicativo della definizione agevolata i carichi già interessati da provvedimenti di rateizzazione in essere alla data di entrata in vigore del D.L. 193/2016 a condizione che, entro il 31 marzo 2017, risulti saldato l’importo delle rate scadenti a tutto il 31 dicembre 2016. Pertanto, il contribuente che è decaduto prima di tale data (24/10/16), può aderire senza vincoli alla definizione agevolata. Invece, in presenza di provvedimenti di rateizzazione concessi successivamente alla predetta data del 24/10/2016, non ricorre la condizione dell’obbligo di pagamento delle rate in scadenza nel trimestre ottobre-dicembre 2016 prevista dal citato comma 8.

Quesito n. 7 (Tributi Ama)

Buonasera, mi sono relazionato una volta con l’Agente della Riscossione (da qui in poi l’agente) in merito a dei contribuenti che avevano carichi erariali iscritti a ruolo ove l’ente creditizio risultava essere l’Ama di Roma. L’agente – stranamente -, non poteva riscuotere per tale società le pretese economiche avanzate, quindi le dilazione per determinati tributi dovevano passare per forza presso i loro sportelli di Aequaroma. Premesso ciò, il quesito è: se un contribuente ha debiti iscritti a ruolo presso l’ente poc’anzi citato e presenta domanda di rottamazione dei ruoli, gli verranno stralciati definitivamente sanzioni e interessi di mora? Se si, L’agente gli potrà effettuare il piano di dilazione se non è autorizzato a riscuotere? Aequaroma mi ha comunicato che la dilazione deve essere fatta presso i loro sportelli; Equitalia che fanno loro la rateazione a seguito della richiesta di rottamazione.

Risposta: Ai sensi del comma 1 bis dell’art. 26 del D.Lgs. 46/99, l’Ama non ci ha mai autorizzato alla rateazione dei carichi iscritti a ruolo. Per effetto di ciò, la società emette dei piani in proprio che prevedono la dilazione della sola imposta con conseguente sospensione del carico fino al pagamento integrale delle somme ed il pagamento in unica soluzione delle sanzioni ed interessi che non sospende. Il contribuente – in questi casi – può aderire alla rottamazione, nei limiti di legge, per il carico residuo in riscossione.

Quesito n. 8 (Modello DA1)

Salve in merito alla presentazione del modello DA1 per la rottamazione delle cartelle di un cliente, lo stesso mi chiede di provvedere alla definizione di una cartella, mentre per un’altra sta ancora valutando e mi chiede nel caso di definirla successivamente con la presentazione di un nuovo modello. Inoltre voleva provvedere alla definizione di un avviso dei Monopoli per mancato pagamento dell’imposta unica sulle scommesse e vuole sapere se è definibile con il modello DA1.

Risposta: Il contribuente può presentare entro il 31 marzo 2017 più dichiarazioni di adesione anche per singole cartelle e nell’ambito delle stesse per singoli ruoli. Essendo esclusi dall’ambito applicativo i soli carichi relativi a

  • risorse proprie tradizionali della Comunità europea,
  • somme dovute a titolo di recupero aiuti di Stato,
  • crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti,
  • multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, non si ravvisano elementi ostativi alla presentazione della dichiarazione di adesione per le sanzioni collegate all’avviso dei Monopoli.

Quesito n. 9 (Cartelle erede)

Un erede ha ottenuto lo storno delle sanzioni dalle cartelle esattoriali ereditate. Aderendo alla rottamazione delle cartelle potrebbe ottenere lo storno anche degli interessi di mora.

Risposta: Sì, è possibile aderire

Quesito n. 10 (Definizione agevolata presentata da parte del curatore fallimentare)

E’ possibile la presentazione dell’istanza da parte di un curatore fallimentare?

Risposta: Sì. Nell’ambito della procedura fallimentare legittimato a presentare la dichiarazione di adesione è il Curatore, preventivamente autorizzato dal GD e con il parere favorevole del Comitato dei creditori.

Quesito n. 11 (Rinuncia al contenzioso giudicato interno)

I ricorsi avverso un avviso di accertamento hanno, in tre gradi di giudizio (provinciale, regionale, ottemperanza), prodotto altrettante sentenze favorevoli al contribuente (oltre l’80% dei maggiori imponibili sono stati annullati dai giudici). L’agenzia ha sempre esplicitamente prestato acquiescenza alle sentenze. Ora la controversia è in Cassazione su ricorso del contribuente. Nel frattempo Equitalia ha notificato cartelle di pagamento prima per la riscossione del terzo a titolo provvisorio. In seguito tali cartelle sono state parzialmente sgravate dall’ AdE in ottemperanza alle sentenze. Visto che le sanzioni sulle somme ammontano a circa il 60% delle somme residue. L’eventuale adesione alla rottamazione che effetto produce?

Risposta: Il pagamento della imposta principale, degli interessi iscritti a ruolo, del diritto di notifica, delle spese di procedura, degli aggi riferiti ai tributi da pagare. Il contribuente dovrà rinunciare al Contenzioso in essere.

Quesito n. 12 (Rottamazione rateazioni in corso)

Per un contribuente con una rateazione in corso, tuttavia non completamente in regola con i pagamenti, ci si chiede se è sufficiente, per accedere alla rottamazione, pagare le sole tre rate di ottobre, novembre e dicembre 2016, oppure l’intero debito scaduto. Lo sportello Equitalia di Ostia Lido, afferma che è necessario pagare tutte le rate scadute oltre quelle di ottobre, novembre, dicembre 2016.

Risposta: No, devono essere pagate tutte le rate al 31 dicembre 2016.

 

IL PROSSIMO TAVOLO TECNICO È FISSATO AL 17 FEBBRAIO 2017

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ACCERTAMENTO CATASTALE

È nullo l’avviso di accertamento catastale per la revisione parziale del classamento di cui all’art.1, comma 335, della Legge n°311/2004, per difetto di motivazione qualora l’Agenzia delle Entrate, Ufficio Provinciale del Territorio,  non ha reso possibile al contribuente conoscere i presupposti del nuovo classamento e della nuova rendita. In altri termini l’Ufficio ha l’obbligo di esporre i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato il riclassamento e tale obbligo non può risolversi nella mera elencazione di norme che si ritengono astrattamente applicabili, ma deve far conoscere al contribuente le modalità di rilevazione dei valori medi, la metodologia utilizzata e la bontà dei sistemi di rilevazione. Quando il contribuente si trova nell’impossibilità di verificare realmente le anomalie poste alla base della revisione del classamento e in quale misura dette anomalie incidono sulla classe del proprio immobile, l’atto di accertamento deve essere dichiarato nullo per difetto assoluto di motivazione.

SUL PUNTO SI SEGNALANO:

Commissione Tributaria Provinciale di Lecce, sentenza n°459/4/2013;

Corte di Cassazione sentenza n° 9629/2012.

Lo studio legale e tributario Sgrò, in collaborazione con alcuni studi tecnici, stante i numerosi avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate ai proprietari di immobili di Roma, ha già proposto alcuni ricorsi in Commissione Tributaria Provinciale, ritenendo l’illegittimità di detti avvisi per molteplici motivi, ulteriori rispetto alle suindicate pronunce dei giudici di legittimità e di merito, tenuto anche conto della specificità di ogni singola situazione e unità immobiliare. 

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AGENZIA DELLE ENTRATE (RISOLUZIONE N°14/E DEL 24/1/2014)

Con la risoluzione n°14/E del 24 gennaio 2014, disponibile in file pdf,  l’Agenzia delle Entrate ha reso noto i codici tributo  necessari per effettuare il versamento dell’imposta di registro per i contratti di locazione. 

risoluzione 14E


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