Una delle questioni dibattute nelle aule delle Commissioni Tributarie è quella della prescrizione dei tributi e delle imposte. In particolare, molte controversie vertono sullo stabilire il termine entro il quale l’ente impositore può consegnare l’atto al contribuente senza far maturare la prescrizione del tributo o dell’imposta richiesta.

In altri termini, la domanda che ci si pone è la seguente: per evitare la prescrizione è sufficiente la consegna dell’atto alle poste, anche se poi la consegna materiale dell’atto al destinatario avviene in data successiva?

Facciamo un esempio: avviso di accertamento IMU per l’anno d’imposta 2014; il Comune consegna l’atto alle Poste il 29/12/2019, mentre il contribuente riceve l’avviso di accertamento il 3/1/2020.

La consegna dell’atto alle Poste ha interrotto il termine di prescrizione?

Ebbene, trattandosi di IMU, la cui prescrizione è quinquennale, il termine ultimo per la consegna dell’atto al destinatario scadeva il 31/12/2019; pertanto, la mera consegna alle Poste non rileva ai fini della prescrizione. Nell’esempio di prima, dunque, il contribuente poteva ricorrere in sede giudiziale per far dichiarare l’intervenuta prescrizione dell’imposta.

Questo, del resto, è il principio espresso dalla recentissima pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Roma (sentenza n. 7210/6/2021) che dopo un’attenta analisi giuridica sulla differenza tra decadenza e prescrizione ha accolto il ricorso del contribuente annullando la pretesa impositiva.

La Commissione, infatti, ha precisato che:  

 

Mentre per la decadenza è sufficiente un mero atto di esercizio, come può essere la consegna del plico raccomandato all’ufficio postale entro la scadenza del previsto termine (non potendo, altrimenti, imputarsi all’ente impositore eventuali disservizi del servizio postale), viceversa l’atto interruttivo della prescrizione è per antonomasia atto recettizio, ossia deve essere portato a conoscenza del destinatario affinché possa dispiegarsi l’efficacia interruttiva.

Può quindi accadere, come nel caso di specie, che consegnato il plico tempestivamente – e dunque perfezionatosi il tempestivo esercizio della potestà autoritativa – lo stesso pervenga a destinazione dopo che il termine quinquennale sia ormai scaduto, sicché la notifica intempestiva non può esplicare efficacia interruttiva della prescrizione.

 

In buona sostanza, la Commissione ha accolto la tesi dello Studio Legale Sgrò circa la produzione nel caso in esame della c.d. scissione degli effetti della procedura notificatoria, il cui principio è oggi consacrato dal nuovo testo dell’art. 149, comma terzo, c.p.c., secondo cui la notifica (chiaramente a mezzo del servizio postale) si perfeziona per il soggetto notificante al momento della consegna del

plico all’ufficiale giudiziario e per il destinatario dal momento in cui lo stesso ha

la legale conoscenza dell’atto.

Un caso, dunque, conclusosi bene se non fosse per la decisione, alquanto discutibile, di compensare le spese di lite!

Facciamo una precisazione importante: come ho già avuto modo di approfondire in una recente intervista a Radio Roma Capitale, la prescrizione non opera automaticamente, ma deve essere sempre fatta valere in sede giudiziaria. Quindi, se dovessi ricevere un atto il cui tributo è prescritto è mio onere fare opposizione nei termini di legge innanzi al Giudice per far rilevare l’intervenuta prescrizione. Se, al contrario, lo ripongo nel cassetto e faccio decorrere i termini per ricorrere in sede giudiziaria, non avrò più la possibilità di far valere la prescrizione e sarò costretto a versare le somme richieste dall’ente impositore.

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