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Ipotesi d’illegittimità dell’atto di pignoramento presso terzi emesso dall’ex equitalia.


Riferimenti:

– art. 72-bis, del D.P.R. n. 602/1973;

– Corte di Cassazione, sentenza n°26519/2017.

Com’è noto, a seguito della notifica di un avviso di accertamento esecutivo, di un avviso di addebito (da parte dell’INPS), ovvero di una cartella di pagamento, in mancanza del versamento delle somme intimate, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione potrà procedere in via cautelare oppure in via esecutiva nei confronti del debitore.

Tra le azioni invasive che spesso sono attuate dall’Agenzia delle Entrate vi è certamente il pignoramento presso terzi. Trattasi della possibilità di pignorare il conto bancario o postale del contribuente ovvero lo stipendio presso il datore di lavoro o l’assegno pensionistico. (Si veda il mio articolo sul pignoramento presso terzi nella sezione COSA FARE IN CASO DI…)

Ad ogni modo, qualora l’Agenzia delle Entrate (ex Equitalia) intendesse agire mediante un atto di pignoramento presso terzi ai sensi dell’art. 72-bis, del D.P.R. n. 602/1973, il provvedimento notificato al contribuente e al terzo pignorato dovrà contenere l’indicazione degli atti precedentemente notificati e l’entità del presunto credito per cui si intende procedere. In mancanza, l’atto sarà nullo per difetto di motivazione.

Non è, dunque, sufficiente per l’Agente della Riscossione specificare l’entità del credito con la generica dicitura “Euro….per tributi/entrate”, senza alcun riferimento alle sottese cartelle di pagamento, avvisi di accertamento o avvisi di addebito.

Il pignoramento presso terzi, in sostanza, deve contenere l’elenco dei prodromici atti che sono stati notificati al contribuente. Inoltre, qualora l’Agente della Riscossione dovesse in sede giudiziale produrre l’elenco degli atti che assume siano alla base del pignoramento, detto elenco non gode di fede privilegiata  di cui godono i fatti accertati dal pubblico ufficiale.

Sul punto l’orientamento della Corte di Cassazione (si veda sentenza n° 26519/2017) è perentorio e univoco:

“L’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’agente di riscossione ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 72-bis in sede di esecuzione esattoriale, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2699 e 2700 cod. civ., conservando invece quella di atto processuale di parte.

Consegue che l’attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (nella specie, concernente l’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di quanto avviene quando l’agente di riscossione esercita – D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 49, comma 3, – le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, ad esempio notificando il medesimo atto”.I

Pertanto, qualora la controparte in sede di contestazione non riesca a dimostrare di aver allegato l’elenco degli atti esecutivi posti alla base del pignoramento, il Giudice dovrà dichiarare l’illegittimità dell’azione esecutiva intrapresa da parte di Equitalia per difetto di motivazione.


Autore
Avv. Alessandro Sgrò

L’Avvocato Alessandro Sgrò ha maturato un’importante esperienza e solida reputazione a livello nazionale in contenzioso tributario. Nell’arco degli anni ha scritto importanti articoli in materia tributaria pubblicati in molte riviste e sul suo blog.

Laureato in giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma, ha fondato il suo studio tributario 15 anni fa conseguendo da subito importanti vittorie giudiziarie per imprese e persone fisiche e lavorando costantemente nell’aggiornamento di sempre nuove tecniche difensive.



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