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CORTE DI CASSAZIONE: NULLO L’AVVISO DI ACCERTAMENTO SENZA PROVA DELLA DELEGA.

 

Riferimenti:

– art. 42 del D.P.R. n°600/1973;

– Corte di Cassazione, ordinanza n°12960/2017;

– Corte di Cassazione, sentenza n°22803/2015.

 

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n°12960/2017 è tornata ad affrontare il tema della sottoscrizione degli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate. Ebbene, come già argomentato in un mio precedente articolo, qualora la sottoscrizione dell’atto impositivo non è quella del capo ufficio  titolare ma del “capo team” incombe sull’Amministrazione dimostrare in giudizio, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio. Difatti, solo il possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’Ufficio.

Cosa deve produrre in giudizio l’Agenzia delle Entrate?

Qualora l’avviso di accertamento è stato sottoscritto da un “capo team”, la Cassazione già con la pronuncia n°22803/2015 ha precisato che  la delega di firma o di funzioni di cui all’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 deve indicare il nominativo del soggetto delegato, pena la sua nullità, che determina, a sua volta, quella dell’atto impositivo, sicché non può consistere in un ordine di servizio in bianco, che si limiti ad indicare la sola qualifica del delegato senza consentire al contribuente di verificare agevolmente la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore.

Principio quest’ultimo, come dicevo, affermato dalla recentissima ordinanza n°12960/2017, che confermando la pronuncia della CTR del Lazio n°1039/2/2016, ha ritenuto illegittimo un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate poiché in giudizio non era stata fornita la prova che il soggetto sottoscrittore fosse stato delegato dal Direttore Provinciale. In sostanza, occorre una delega “nominativa , perché solo in tal modo si radica il rapporto di fiducia tra delegante e delegato, a nulla vale invece un ordine di servizio  senza l’indicazione specifica del soggetto delegato.

Avv. Alessandro Sgrò

 

FIRMA DEGLI ATTI TRIBUTARI: IPOTESI DI ILLEGITTIMITA’

 

Riferimenti:

– art. 42 del D.P.R. n°600/1973;

– Commissione Tributaria Provinciale di Roma, sentenza n°6290/25/2016.

 

Si segnala un’importante sentenza favorevole al contribuente ottenuta recentemente dallo Studio Legale Tributario Sgrò, in collaborazione con l’avv. Paolo Pascazi, in materia di avviso di accertamento bancario sottoscritto da un funzionario dell’Agenzia delle Entrate in mancanza di delega da parte del Direttore Provinciale dell’Agenzia.

La questione trattata dallo Studio, traeva origine da un avviso di accertamento bancario notificato a un contribuente con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a titolo d’imposte dirette e indirette la complessiva somma di € 500.000,00.

Il contribuente, tramite l’avv. Alessandro Sgrò e l’avv. Paolo Pascazi, proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, contestando sotto diversi profili la legittimità dell’avviso di accertamento notificatogli ai fini IRPEF, IRAP e IVA per l’anno 2009.

Tra i motivi di contestazione il contribuente eccepiva l’illegittimità dell’avviso di accertamento per palese violazione dell’art. 42 del D.P.R. 600/1973 poiché l’atto risultava sottoscritto da un funzionario dell’Agenzia delle Entrate privo di delega da parte del Capo Ufficio.

Difatti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 42 del D.P.R. n°600/1973, gli accertamenti in rettifica e d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato alla carriera direttiva da lui delegato.

In sostanza, dal quadro normativo suindicato, si può affermare che l’avviso di accertamento, a pena di nullità, dev’essere sottoscritto dal Direttore Provinciale responsabile della Direzione Provinciale che ha emesso l’atto. Questi, tuttavia, ha facoltà di delegare la sottoscrizione ad altro impiegato alla carriera direttiva.

Ebbene, nel corso del giudizio, nonostante l’eccezione del contribuente, l’Amministrazione Finanziaria non ha prodotto alcuna prova circa l’esistenza di una valida delega del Direttore Provinciale alla sottoscrizione dell’avviso impugnato da parte del funzionario dell’Agenzia delle Entrate, pertanto la Commissione Tributaria Provinciale di Roma con la sentenza n° 6290/25/2016 ha dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento notificato al contribuente, con un risparmio da parte di quest’ultimo dell’importante cifra di € 500.000,00!

Sul punto, la Commissione Capitolina, dopo un attento esame della giurisprudenza di legittimità formatasi negli ultimi anni è giunta ad affermare che “Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe sull’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poiché solo il possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’Ufficio….omissis…Alla luce di quanto sopra riportato, questa Commissione non può non rilevare che, nonostante l’esplicita eccezione della parte, l’Amministrazione non ha provveduto a dimostrare l’esistenza di delega di firma”.

Avv. Alessandro Sgrò

 

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ATTI FIRMATI DAI C.D. FALSI DIRIGENTI

 

Riferimenti:

Corte Costituzionale, sentenza n°37/2015.

Ben nota a tutti è la sentenza n°37/2015 con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma che ha consentito all’Agenzia delle Entrate di nominare figure dirigenziali senza un regolare concorso pubblico.

Tralasciando, per ora, la vicenda processuale che è culminata con la declaratoria d’illegittimità costituzionale di cui sopra, ciò che appare interessante esaminare sono le conseguenze che detta pronuncia può avere nei confronti dei contribuenti che si sono visti notificare, per lungo tempo, atti sottoscritti da soggetti che hanno ricoperto una posizione dirigenziale con procedura ab origine viziata.

La voce che maggiormente si è diffusa all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale è di ritenere tutti gli atti firmati dai c.d. falsi dirigenti come giuridicamente inesistenti, con la conseguente possibilità di impugnare detti atti (ed eventuali iscrizioni a ruolo) anche se spirati i termini per proporre ricorso innanzi alle autorità giudiziarie. Difatti, tecnicamente, colui che vuol far valere in giudizio l’inesistenza di un atto impositivo non è vincolato da termini e il giudice può rilevare detto vizio anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Sulla scorta di tal entusiastica e, me lo permettete, ottimistica prospettiva, alcuni contribuenti hanno preso contatto con lo studio per valutare l’opportunità di ricorrere avverso avvisi di accertamento o cartelle di pagamento mai oggetto di opposizione essendo abbondantemente trascorsi i termini per proporre ricorso.

A parere di chi scrive, il diffuso ottimismo non appare condivisibile, almeno nei termini dell’inesistenza giuridica degli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate.

Difatti, l’atto tributario è inesistente solo quando non è conforme al modello legale e quando tale difformità è talmente rilevante da impedire che all’atto possa riconoscersi natura provvedimentale. Nel caso, invece, di atti sottoscritti da chi non aveva il relativo potere sarebbe più corretto ragionare in termini di nullità. Occorre non dimenticare che la categoria della nullità in re tributaria è ben diversa da quella disciplinata dal diritto amministrativo e che il diritto tributario è un sottosistema del diritto amministrativo, pertanto le disposizioni delle leggi fiscali (che disciplinano la medesima materia), avendo natura speciale, prevalgono sulle norme di carattere generale della L. n°241 del 1990.

In termini concreti, per far valere la nullità di un atto impositivo emesso dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agente della riscossione, il contribuente deve proporre ricorso entro il termine previsto dalla legge e non in qualunque momento, come potrebbe accadere nel caso in cui si eccepisse l’inesistenza dell’atto opposto. Pertanto, l’eccezione circa la nomina del dirigente che ha sottoscritto l’atto notificato può essere fatta valere solo per i provvedimenti impositivi i cui termini per la proposizione del ricorso non siano ancora spirati.

Chiaro, che in quest’ultimo caso, l’eccezione del contribuente è totalmente “al buio” poiché quest’ultimo difficilmente è in grado a priori di sapere se chi ha sottoscritto l’atto era effettivamente un dirigente nominato senza un regolare concorso. Ad ogni buon conto, innanzi a un’eccezione del genere è sempre onere del Fisco provare in giudizio i requisiti di validità della nomina del dirigente. Se ciò avvenisse, è bene precisare che il contribuente potrebbe essere condannato al pagamento delle spese del giudizio; inoltre la controparte potrebbe chiedere al Giudice, finanche, la liquidazione dei danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.. A tal proposito, si precisa che il carattere temerario della lite – che costituisce presupposto necessario per la condanna al risarcimento dei danni – va ravvisato nella consapevolezza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l’acquisizione di tale consapevolezza.

E’, dunque, consigliabile, formulare nel ricorso ulteriori e plausibili eccezioni riferite all’atto da impugnare e non unicamente la questione decisa dalla Corte Costituzionale.

Si tenga conto, poi, che l’Amministrazione Fiscale, anche nelle more del giudizio e purché ancora nei termini, potrà sempre emanare un nuovo provvedimento sottoscritto regolarmente dal dirigente nominato con concorso o, comunque, dal capo ufficio ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. n°600/1973 (si parla in questi casi della c.d. autotutela sostitutiva).

Stante quanto sopra, non è certamente mia intenzione scoraggiare i contribuenti nell’intraprendere delle azioni legali nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ma solo di fornire, almeno spero, una più equilibrata valutazione dell’intera vicenda; fermo restando che sul tema è comunque davvero complesso trarre delle univoche conclusioni.

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DELEGA DI FIRMA DEGLI ATTI TRIBUTARI

Riferimenti:

– art. 42 del D.P.R. n°600/1973;

– Corte di Cassazione, sentenza n°18758/2014;

– Corte di Cassazione, sentenza n°14942 /2013;

– Commissione Tributaria Provinciale di Enna, sentenza n°1076/3/2014.

 

Capita spesso che il contribuente si vede notificare dall’Agenzia delle Entrate un avviso di accertamento sottoscritto dal “Capo Team” o dal “Capo Area” su delega del Direttore Provinciale.

Nulla di strano. Difatti, ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. n°600/1973, gli accertamenti in rettifica e d’ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato alla carriera direttiva da lui delegato. Detta norma, inoltre, prevede che “L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione” .

In sostanza, dal quadro normativo suindicato, si può affermare che l’avviso di accertamento, a pena di nullità, dev’essere sottoscritto dal Direttore Provinciale responsabile della Direzione Provinciale che ha emesso l’atto. Questi, tuttavia, ha facoltà di delegare la sottoscrizione ad altro impiegato alla carriera direttiva.

Ebbene, cosa accade se in sede giudiziale il ricorrente, in presenza di un atto sottoscritto dal Capo Team o Capo Area, eccepisca di non essere in grado di verificare se effettivamente il Direttore Provinciale abbia conferito loro valida delega e se quest’ultimi siano realmente impiegati alla carriera direttiva così come prescritto, a pena di nullità, dalla vigente normativa in materia?

La risposta ci è offerta dalla Corte di Cassazione con la sentenza n°14942 del 14 giugno 2013: in caso di contestazione, incombe all’Agenzia delle Entrate l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza di eventuale delega, trattandosi di un documento, se esistente, già in possesso dell’amministrazione finanziaria, mentre la distribuzione dell’onere della prova non può subire eccezioni. Pertanto, non è consentito al giudice tributario attivare d’ufficio poteri istruttori, in ragione del fatto che non sussiste l’impossibilità di una delle parti di acquisire i documenti in possesso dell’altra, mentre le parti possono sempre produrre, anche in appello, nuovi documenti nel rispetto del contraddittorio”

A tale, oramai, consolidato orientamento ha dato ulteriore continuità la sentenza n°18758/2014, sempre della Suprema Corte, ribadendo che, “L’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario, quale il direttore tributario, di nona qualifica funzionale, incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poichè il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio”

Infine, sul punto, merita di essere citata la recente pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Enna (sent. n°1076/3/2014) che ha annullato un avviso di accertamento emesso dal Fisco sull’assunto che l’Agenzia delle Entrate in sede contenziosa, in presenza di specifica eccezione di parte, non ha prodotto la delega conferita al Capo Team con attestazione del valore della controversia entro i cui limiti tale delega poteva essere esercitata e con indicazione dei funzionari delegati aventi la necessaria qualifica.

Avv. Alessandro Sgrò

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