ATTI FIRMATI DAI C.D. FALSI DIRIGENTI

 

Riferimenti:

Corte Costituzionale, sentenza n°37/2015.

Ben nota a tutti è la sentenza n°37/2015 con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma che ha consentito all’Agenzia delle Entrate di nominare figure dirigenziali senza un regolare concorso pubblico.

Tralasciando, per ora, la vicenda processuale che è culminata con la declaratoria d’illegittimità costituzionale di cui sopra, ciò che appare interessante esaminare sono le conseguenze che detta pronuncia può avere nei confronti dei contribuenti che si sono visti notificare, per lungo tempo, atti sottoscritti da soggetti che hanno ricoperto una posizione dirigenziale con procedura ab origine viziata.

La voce che maggiormente si è diffusa all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale è di ritenere tutti gli atti firmati dai c.d. falsi dirigenti come giuridicamente inesistenti, con la conseguente possibilità di impugnare detti atti (ed eventuali iscrizioni a ruolo) anche se spirati i termini per proporre ricorso innanzi alle autorità giudiziarie. Difatti, tecnicamente, colui che vuol far valere in giudizio l’inesistenza di un atto impositivo non è vincolato da termini e il giudice può rilevare detto vizio anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

Sulla scorta di tal entusiastica e, me lo permettete, ottimistica prospettiva, alcuni contribuenti hanno preso contatto con lo studio per valutare l’opportunità di ricorrere avverso avvisi di accertamento o cartelle di pagamento mai oggetto di opposizione essendo abbondantemente trascorsi i termini per proporre ricorso.

A parere di chi scrive, il diffuso ottimismo non appare condivisibile, almeno nei termini dell’inesistenza giuridica degli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate.

Difatti, l’atto tributario è inesistente solo quando non è conforme al modello legale e quando tale difformità è talmente rilevante da impedire che all’atto possa riconoscersi natura provvedimentale. Nel caso, invece, di atti sottoscritti da chi non aveva il relativo potere sarebbe più corretto ragionare in termini di nullità. Occorre non dimenticare che la categoria della nullità in re tributaria è ben diversa da quella disciplinata dal diritto amministrativo e che il diritto tributario è un sottosistema del diritto amministrativo, pertanto le disposizioni delle leggi fiscali (che disciplinano la medesima materia), avendo natura speciale, prevalgono sulle norme di carattere generale della L. n°241 del 1990.

In termini concreti, per far valere la nullità di un atto impositivo emesso dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agente della riscossione, il contribuente deve proporre ricorso entro il termine previsto dalla legge e non in qualunque momento, come potrebbe accadere nel caso in cui si eccepisse l’inesistenza dell’atto opposto. Pertanto, l’eccezione circa la nomina del dirigente che ha sottoscritto l’atto notificato può essere fatta valere solo per i provvedimenti impositivi i cui termini per la proposizione del ricorso non siano ancora spirati.

Chiaro, che in quest’ultimo caso, l’eccezione del contribuente è totalmente “al buio” poiché quest’ultimo difficilmente è in grado a priori di sapere se chi ha sottoscritto l’atto era effettivamente un dirigente nominato senza un regolare concorso. Ad ogni buon conto, innanzi a un’eccezione del genere è sempre onere del Fisco provare in giudizio i requisiti di validità della nomina del dirigente. Se ciò avvenisse, è bene precisare che il contribuente potrebbe essere condannato al pagamento delle spese del giudizio; inoltre la controparte potrebbe chiedere al Giudice, finanche, la liquidazione dei danni per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.. A tal proposito, si precisa che il carattere temerario della lite – che costituisce presupposto necessario per la condanna al risarcimento dei danni – va ravvisato nella consapevolezza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l’acquisizione di tale consapevolezza.

E’, dunque, consigliabile, formulare nel ricorso ulteriori e plausibili eccezioni riferite all’atto da impugnare e non unicamente la questione decisa dalla Corte Costituzionale.

Si tenga conto, poi, che l’Amministrazione Fiscale, anche nelle more del giudizio e purché ancora nei termini, potrà sempre emanare un nuovo provvedimento sottoscritto regolarmente dal dirigente nominato con concorso o, comunque, dal capo ufficio ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. n°600/1973 (si parla in questi casi della c.d. autotutela sostitutiva).

Stante quanto sopra, non è certamente mia intenzione scoraggiare i contribuenti nell’intraprendere delle azioni legali nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ma solo di fornire, almeno spero, una più equilibrata valutazione dell’intera vicenda; fermo restando che sul tema è comunque davvero complesso trarre delle univoche conclusioni.

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